Arciprete: un pioniere ed educatore napoletano

"Lasciate!" L'inizio dell'ascensione

Alle radici dell’aeronautica militare italiana c’è il gruppo di aerostatieri comandato da Mauro Maurizio Moris nell’ambito del Battaglione Specialisti del Genio. L’osservazione dall’alto per scopi militari rappresenta una novità tecnologica di fine ‘800 e mezzi e tecniche d’impiego sono tutti da inventare e sperimentare. Gli aerostatieri del Genio portano a termine anche le prime sperimentazioni di fotografia aerea con palloni frenati e liberi, consentendo per la prima volta agli italiani di vedere scorci dall’alto del loro Paese. Edificano la struttura tecnica su cui fu possibile, sempre su stimolo di Moris, far nascere i primi nuclei di dirigibili e di aeroplani.

Di questi pionieri faceva parte Giuseppe Arciprete, nato a Napoli il 10 aprile 1871. Si laureò in matematica ed ingegneria e divenne pilota militare d’aerostato nel 1901.



La maggior parte delle esercitazioni militari che si svolgevano in quegli anni erano quelle di tipo “frenato”, in cui il pallone è trattenuto al suolo da un lungo cavo. Sono infatti quelle di maggiore interesse militare, perché consentono di tenere sotto osservazione un’ampia porzione di suolo e di comunicarne rapidamente i risultati a terra. Quelle che però appassionano maggiormente i piloti e sono più ambite sono quelle libere, in cui l’aerostato è lasciato in balia dei venti e può raggiungere quote molto più alte di quelle consentite dal cavo. Esse comportano chiaramente rischi maggiori e gli incidenti non furono pochi, a volte anche mortali.

Giuseppe Arciprete aerostatiere del Genio

Arciprete fa ascensioni vincolate e libere e scatta innumerevoli fotografie, come rendendosi conto di partecipare ad un momento storico importante e volendolo documentare. Nel 1903 la lista dei “Pionieri dell’aeronautica” della Brigata specialisti del Genio comprende, in tutto, tredici nomi.

Nel 1904 Arciprete partecipa alla fondazione della SAI: “Società Aeronautica Italiana”, che ha lo scopo di “far entrare nel pubblico dominio la scienza aeronautica”. E’, in effetti, il primo tentativo in Italia di coordinare l’impegno militare con il nascente interesse in campo civile, in quei giorni limitato a pochi danarosi e coraggiosi appassionati interessati a sperimentare il nuovo mezzo e ad alcuni scienziati particolarmente lungimiranti. La SAI dispone di tre aerostati, battezzati Fides I, II e III, e consente anche ai piloti militari che ne sono membri di effettuare ascensioni aggiuntive rispetto a quelle consentite dai limitati mezzi disponibili presso il Genio. Come ci informa Ubaldo Puglieschi, un compagno di Arciprete: “Noi piloti militari della Brigata Specialisti eravamo quasi tutti soci della S.A.I. e così riuscivamo a fare qualche altra ascensione libera oltre quelle militari purtroppo non troppo numerose data la suaccennata limitata disponibilità di gas idrogeno”. Come spesso è avvenuto, soprattutto dalle nostre parti, si sopperiva con la passione personale alla carenza dei mezzi disponibili.

Didascalia originale: “16 giugno 1904 / Lawn Tennis Club / Inaugurazione / Soc. Aer. Ital. S.A.I. / 1904 / davanti a S.M. Regina / Margherita // Ten. Puglieschi / Ten. Arciprete”

Quello stesso 1904 doveva tuttavia cambiare radicalmente la vita del tenente Arciprete. Era ormai un pilota esperto, con 16 ascensioni alle spalle tra esercitazioni militari ed esibizioni pubbliche, anche in corrispondenza di visite di personalità straniere. A metà agosto di quell’anno prese di nuovo il volo, assieme ad un compagno, dal Parco Aerostatieri di Fonte Trionfale, a Roma. Non sempre i voli erano sereni, ed infatti, secondo il racconto tramandatoci dal nipote, il suo aerostato, trasportato dai venti verso Terni, fu travolto da un temporale. I due aeronauti fecero il possibile per tenere in quota il mezzo, sganciando tutta la zavorra ed arrivando a spogliarsi delle uniformi e lanciarle nel vuoto per alleggerirsi, ma non riuscirono ad evitare un atterraggio pesante dalle parti del lago di Piedilugo. Arciprete subì una ferita ad un piede che lo lasciò claudicante per tutta la vita.

L’aviatore fu ricoverato all’ospedale di Terni. Sembra che andò peggio per il capostazione di Piedilugo, che cercò di venire in soccorso dei due militari ma finì stroncato da un infarto.

Un racconto un po’ diverso dell’incidente compare sul quotidiano La Stampa del 19 agosto 1904. Si dà innanzitutto conto delle lesioni subite dal tenente Arciprete: “una ferita lacero-contusa alla regione temporale sinistra, una lussazione al piede destro, per cui si è cominciato a procedere ad una operazione, e una leggera commozione cerebrale”. Il danno al piede è evidentemente il più grave: l’articolo riporta che Arciprete, osservandolo dopo l’operazione ed avvertendo molto dolore, abbia affermato “Sono rovinato!”. Riguardo alla meccanica dell’incidente, il giornalista riporta: “Non si può ancora sapere come sia avvenuta la disgrazia. Essendosi però trovata una specie di strappo nel pallone, la versione più attendibile è che il calore eccessivo abbia dilatato enormemente il gas, che uscì improvvisamente determinando la caduta”. L'articolo sottolinea anche che Arciprete “era l'anima del Club aerostatico testè fondato a Roma”.

Prove aerostatiche

Nessun accenno quindi, sul quotidiano, a tempeste e maltempo, ma anzi ad effetti incontrollati del calore solare. Tre giorni dopo, il 23 agosto, un trafiletto dello stesso quotidiano sintetizza un’intervista ad Arciprete, ancora ricoverato all’ospedale di Terni, che sembra in linea con la descrizione precedente. “Il tenente narrò come avvenne la discesa. Essa fu regolare sino a circa 200 metri dal suolo. A questa altezza egli si preparò a compiere lo strappamento per la totale uscita del gas: operazione che si deve compiere a due o tre metri da terra. Come avvenne che egli compiè lo strappo innanzi tempo non lo sa spiegare. La corda per lo strappo non presentò resistenza ed egli tirò credendo che fosse stata allungata. Ora sta meglio; riceve un gran numero di lettere e telegrammi da ogni parte d’Italia. E’ deciso a riprendere le sua salite”.

La causa dell’incidente sembra quindi legata ad un problema tecnico del mezzo, ad errore umano o ad una combinazione dei due. Se Arciprete sia sincero o “inauguri” la tecnica comune ai piloti d’ogni epoca e nazione di negare in pubblico ogni responsabilità personale, è difficile da dire e forse anche poco interessante. Manovrare un pallone ad idrogeno era tutt’altro che facile e gli incidenti erano, in quell’epoca pionieristica, all’ordine del giorno.

L’anno dopo la SAI entrò a far parte della neonata Federazione Aeronautica Internazionale. La buona volontà dimostrata da Arciprete nel tornare in servizio non fu purtroppo sufficiente: l’invalidità lo aveva ormai reso inabile alle ascensioni in pallone. Nel 1907 si rassegnò ad abbandonare il servizio militare, ma non si allontanò certo dalla sua passione per il volo, anzi continuò a stimolare e diffondere le attività aeronautiche. Rimase membro per molti anni della SAI. Dal 1908 al 1912 tenne un corso libero di aeronautica al Politecnico di Napoli, il primo in città ed uno dei primissimi di questo tipo in Italia, molto prima che si potesse parlare di ingegneria aeronautica vera e propria. Nel 1910 fu tra i fondatori del Circolo Aeronautico Napoletano, trasformatosi poi in Aeroclub, e commissario tecnico scientifico della SAI. Nel 1913 chiese ed ottenne di essere riammesso nella Riserva come Capitano del Genio. Arrivò fino al grado di Colonnello.

Venne poi la Grande Guerra, che si può considerare l'epoca d'oro dei palloni aerostatici militari, impiegati durante tutto il conflitto per sorvegliare il fronte e le prime retrovie avversarie e per guidare il tiro dell'artiglieria, con strumenti e tecniche d'impiego via via più raffinati.

Dal pallone - parata per la visita dello Scià di Persia
Dopo la guerra Arciprete lasciò l’esercito e passò a lavorare ai Cantieri Armstrong di Pozzuoli, fino alla chiusura di questi stabilimenti da parte della proprietà inglese nel 1928.

Fu appassionato pittore all’acquerello, arte che coltivò con assiduità negli anni successivi al ritiro dal lavoro. Per abitudine, parlava correntemente in francese con la moglie. Guido Maisto lo annoverò tra i pionieri nel suo libro “Ad Astra, pionieri napoletani del volo” del 1948, onorandolo di un ritratto e di una nota biografica. E’ morto il 6 marzo 1952, a Napoli.

Una mostra a lui dedicata si è svolta a Roma, nei locali ENAC dell’Aeroporto di Roma Urbe, dal dicembre 2008 al gennaio 2009. Il titolo era “Dans le bleu: Giuseppe Arciprete un pioniere dell’aeronautica” e vi erano esposte molte delle foto scattate dallo stesso Arciprete tra il 1901 ed il 1904, che egli stesso aveva raccolto in un album e corredato di didascalie a vantaggio dei figli, documentando quell’epoca eroica del volo. La mostra è stata poi ripetuta in altre sedi.





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