Tre articoli sul Prof. Pascale




Sarebbe un’impresa difficile realizzare una biografia del Prof. Pascale. Gli episodi e eventi sono innumerevoli e, per di più, da quel che so sta lavorando egli stesso a raccogliere le sue memorie. Mi limiterò a saltare fra tre momenti della sua carriera di progettista, evidenziati da altrettanti articoli di riviste.

Il numero di “La Scienza Illustrata – Il Giornale delle Meraviglie” del marzo 1956 ha una bella copertina con l'inconfondibile Alberto Sordi e uno strano aerostato a pedali, ma quello che c'interessa è l'articolo che comincia a pagina 20, intitolato “Dalla cantina si odono venir su rombi d'aereo” e firmato da Fluvio Ficca. Facile, per noi, capire che si tratta della prima officina dei fratelli Pascale e la parte più interessante dell'articolo è, secondo me, proprio quella che ce la descrive. Il giornalista finge di essere stato attirato dal rumore di un motore d'aereo mentre passeggiava via Tasso (scusa poco plausibile, ma, detto tra noi, i vicini dei Pascale devono essere stati piuttosto tolleranti):



Ho imboccato il viale di una grande villa che si stendeva alla mia sinistra […]. Il rumore proveniva invece dal primo uscio dello stabile, nel quale null'altro era visibile se non una rampa di scale. Entrarvi, vedere altre scale che menavano ai piani inferiori e individuare l'esatta direzione del rombo è stato un tutt'uno. Dovevo dunque dirigermi in giu, e ho incominciato a scendere.

[…] All'interno vi erano qua e la degli apparecchi di precisione, alcuni grandi tavoli su cui giacevano lunghi fogli di carta da lucido e alle pareti foto, schemi e disegni di aerei. Si trattava dunque d'un ufficio tecnico. […] Un giovane in tuta, con un rotolo di carta nella destra, è apparso nella stanza da una porta interna, forse per dirigersi alla lavagna, su cui era tracciato un complicato schema con delle equazioni. Era l'ing. Luigi Pascale, che io avevo conosciuto lo scorso anno sul campo di Capodichino per interessarmi al suo «Aeroscooter».

[…] Siamo passati nell'officina dove il signor Giovanni Pascale, chino su un motore, era intento a esaminarne gli elementi. [...] Non avrei mai immaginato che in un ambiente così piccolo, poco più grande di un'officina da fabbro, si potessero costruire degli aeroplani.


L’articolista non manca di elencare i primi successi dei fratelli: l’ “Astore”, il “Tigrotto” che introduce la ragione sociale “Partenavia”, il singolare “Aeroscooter”, basato su un’idea del celebre pilota Mario de Bernardi, e il velocissimo “Tornado”, ottimizzato per le competizioni. Ma l’articolo è particolarmente importante perché coglie il momento in cui i fratelli Pascale stanno per spiccare il volo (in senso metaforico e non solo) dall'autorimessa di Via Tasso a Napoli, dove hanno realizzato i loro esemplari unici, a un'azienda vera e propria. Hanno nel cassetto i progetti del quadriposto che già si chiama “P.57”:

Tra breve la «Partenavia» metterà in cantiere il «P. 57», un quadriposto da turismo a lunga autonomia, ordinato da un pilota civile napoletano. E questo sarà forse l’ultimo apparecchio che il microcantiere sotterraneo vedrà fabbricare tra le sue mura, perché idea dei fratelli Pascale è di trasferirsi in locali più idonei, non tanto per realizzare il loro lavoro in modo più breve, quanto per mettersi in condizioni di soddisfare contemporaneamente a più di una richiesta. E ciò tenendo presente che l’aviazione turistica del Sud, che pure dovrà avere un certo incremento, non può almeno finora contare su altri cantieri di costruzione.

La nuova sede della Partenavia sarebbe sorta ad Arzano l’anno dopo, nel 1957. Più che al solo Meridione, l’articolista avrebbe fatto meglio a interrogarsi sullo sviluppo complessivo dell’aviazione generale in Italia e dell’industria a esso collegata.


Facciamo un salto di alcuni decenni. La Partenavia compie per intero la sua parabola lasciandosi dietro una scia di successi e amarezze. Arriviamo all’aprile del 1993. La rivista Volare, storica testata, mette in copertina al suo allegato “Volare Sport” una foto del prototipo del nuovissimo P.92 “Echo”, con ai comandi il prof. Gino Pascale. Siamo al meeting annuale di Bassano del Grappa, dove il prototipo compie la sua prima apparizione ufficiale. Il professore è rimasto sotto l’orizzonte per alcuni anni, ma non è stato dimenticato. L’articolo si intitola infatti “L’Echo del Professore” e l’autore, Silvio Lora-Lamia, chiarisce il suo punto di vista fin dall’introduzione:

Nell’intenzione del professor Gino Pascale non c’era di sicuro quella di “spiazzare” tutti gli altri “tre assi” già disponibili sul mercato, ma è certo che l’ultraleggero realizzato da uno dei più famosi progettisti italiani di aerei non mancherà di rappresentare un nuovo punto fermo nel panorama del volo da diporto.

La previsione è stata, forse, addirittura errata per difetto.

L’autore dell’articolo, Silvio Lora-Lamia, osserva che anche il primo P.52 era un ultraleggero ante litteram. Le ragioni del nuovo progetto le spiega lo stesso Pascale:

“E allora,” dice il professore “m’è venuto in mente di tornare a progettare e costruire un piccolo aereo, e m’è venuta voglia di fare un ultraleggero, visto che ormai l’aeroplano in Italia è diventato un tabù” […] “Ho progettato il P 92 pensando agli ulmisti” dice Pascale. “Ho fatto un giro nei campi di volo della Campania, ho sentito i loro pareri, sondato i loro gusti, volato con loro – anche sui pendolari – e poi durante le scorse vacanze ho buttato giù i primi schizzi”.

Quest’abitudine del Professore di “sfruttare” le vacanze per le attività più creative sembra essersi ripetuta molte volte ed è registrata da diverse testimonianze. Anche stavolta, l’articolo serve a lanciare una nuova avventura industriale.


Passano alcuni anni e ritroviamo Pascale sulle pagine di Volare, ma stavolta sulla rivista “madre” e non sull’appendice sportiva. Perché il soggetto non è più un ultraleggero ma il nuovo bimotore P.2006T. E’ il dicembre 2007, oltre cinquantuno anni dopo l’apparizione su “La Scienza Illustrata” e il Professore, ultraottantenne, è particolarmente combattivo. Lo si capisce a cominciare dal titolo: “Pascale contro tutti”. Luigi Pascale si avvale dell’autorità costruita in tanti anni di realizzazioni per scagliarsi contro la burocrazia che rallenta e rende complicata la certificazione del nuovo velivolo. E non è solo: l’editoriale è tutto dalla sua parte a cominciare dall’esplicito titolo: “Via dalle pazze regole”.

Si pretende dal nuovo Velt (Very Light Twin) di rispettare le stesse regole prescritte per i plurimotori commerciali. Ma il vero obiettivo delle critiche non sono le regole in se, ma la gestione miope e puramente burocratica che se ne fa in Italia, contrariamente a quel che avviene nel resto d’Europa.

Ecco a cosa servono questi qua: a dormire inspiegabilmente cinque mesi su un permit to fly, con aerei (il bimotore P 2006T) da collaudare fermi in hangar: costo stimato, 3 milioni di euro (la Tecnam ne fattura una ventina all’anno). Il permit to fly però vale solo cinque voli a 80 nodi e con carrello fuori […] Questi signori servono anche a far rispettare un’assurda regolamentazione che obbliga a collaudare un sedile fino a un caricodi 25 g, a garanzia di avere sedili intatti con aereo distrutto e occupanti all’altro mondo già a 11 g. O quella che fa sì che una cellula, provvista di normali, sicure sportellature, debba avere anche una botola. Che botola? La botola in alto per far uscire la gente da sopra se l’aereo cade in acqua. La suddetta botola è larga tre quarti del tetto dell’aereo: quindi calcoli strutturali da rifare e nuovi costi. […] Fa niente che gli inglesi, viste le regole, girino le spalle, fa niente che i francesi, viste le regole, le interpretino larghe, con buon senso.

Prevalgono il fascino e l’energia del prof. Pascale:

Un’ultima nota: il vero difetto della Tecnam è l’età di Luigi Pascale, che è a metà degli ottanta. Arriverà a cento, centodue, ma poi? Nessuno erediterà il suo genio, la fiducia nel futuro, la pervicacia nel realizzare i sogni.

[…] il professore, mentre il nipote era in un’altra stanza, ha estratto di soppiatto dalla tasca un foglio piegato in quattro. C’era il disegno tecnico di un jet monoreattore, col motore sulla schiena, la coda a V e il muso che ricorda il P 2006T. Luigi Pascale rideva. Poi Paolo è tornato: il giovane professore ha fatto sparire il foglio e si è rimesso a fare il serio.

La Tecnam pensa di espandersi e ha offerte vantaggiose per aprire nuovi impianti produttivi in giro per il mondo – valida arma da usare nei confronti delle lente autorità italiane. Si parla anche del P.92 a pilotaggio interamente automatico, realizzato dal CIRA e del prossimo “Eaglet”, versione ottimizzata per l’addestramento e pensata per gli Stati Uniti. L’azienda è pronta a un nuovo salto avanti industriale e, ancora una volta, l’articolo serve a sottolinearlo e aiutare lo slancio. Il testo completo è disponibile sul sito AIAN: chi vuole può leggero per approfondire la questione!

Commenti

  1. Ho avuto il piacere di essere invitato a Na-Capua dal Professore. Subito chiamandomi Piero con il tu aeronautico-aeromodellistico, mio campo di azione,che lui conosceva attraverso i miei micromotori OPS di Monza, mi ha mostrato tutta la fabbrica, aggiungendo con grande orgoglio di non aver mai ricevuto una sola commessa Militare o no dalla A.M. Erano due anni orsono e se ne è andato nel 2017. Un Grande. Mi guardò con gli occhi ardenti di un ragazzo quando gli dissi che, quasi per caso volai a 2,4 Mach sul Concorde........... Eravamo a pranzo a Capua, mi prese la mano sx , poi mi disse che il suo grande cruccio era di doversene andare senza aver mai passato il muro del suono. Grande personaggio

    pieromuzio@alice.it

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